lunedì 14 maggio 2012

Dungeons & Dragons 4ª Edizione




Nome: Dungeons & Dragons 4ª Edizione

Autori: Rob Heinsoo, Andy Collins, James Wyatt

Editore: Wizards of the Coast, importato e (per un certo periodo) tradotto in italia da MM25.

Data di Pubblicazione:
Settembre 2008

Prezzo: Si vedano i prezzi dei singoli manuali (recensiti prossimamente; si legga di seguito...)

Finora mi sono un po' astenuto dal recensire la quarta edizione di Dungeons & Dragons. Non è che non ne avessi voglia, anzi: la prima cosa che pensai di fare con questo blog fu quello di copincollarvi una per una tutte le varie recensioni dei singoli manuali che avevo scritto nei mesi precedenti per GDRItalia. Intento che come scoprirete non ho abbandonato.

Il problema di recensire D&D4E è che questo è sostanzialmente "spezzettato" su una miriade di manuali, per cui tanto per cominciare si crea una scissione tra il gioco in sè e il prodotto che vi viene venduto.

Recensire Sporchi Segreti è facile: il gioco è tutto scritto lì sopra, su quel manuale. Il gioco in quel caso non è solo un'istituzione, o qualcosa di astratto; è qualcosa che ha anche una forma concreta, è un manuale in A5 che si può prendere in mano e analizzare alla pari del gioco che contiene. Sporchi Segreti ha una forma intelligibile.

D&D invece, fin dalla sua prima edizione, no. D&D come gioco è tutto diviso su una serie di manuali, moduli, riviste per abbonati, articoli. Non posso parlare delle possibilità di gioco che trovate sul semplice Manuale del Giocatore, dato che queste vengono espanse enormemente in ogni manuale successivo; al tempo stesso non posso parlare di D&D come di un gioco che per essere giocato necessita l'acquisto di 60 manuali A4 di 160 pagine l'uno, dato che all'atto pratico i tre manuali base sono sufficienti. Eppure, di nuovo, sto recensendo l'intera esperienza di gioco se mi limito a parlare di questi tre manuali? E il gioco che era nei manuali base è lo stesso gioco che è oggi dopo la pubblicazione di importanti manuali come ad esempio la Guida del Dungeon Master 2? Come vedete, non è un problema di poco conto.

Per cui, ho deciso che farò così. Farò questa prima recensione riferendomi alla quarta edizione di Dungeons & Dragons come ad un prodotto unico, prendendo in considerazione ogni suo aspetto, e senza riferirmi alle singole pubblicazioni. Poi, prossimamente, recensirò il "gioco fisico", manuale per manuale, a partire dai primi tre manuali pubblicati nel lontano 2008, per arrivare infine alle più recenti pubblicazioni (al momento di scrivere, Heroes of the Elemental Chaos). Così saprete concretamente cosa comprate.

Dunque, si comincia.

Dungeons & Dragons 4ª Edizione nasce in uno scenario piuttosto problematico. Al momento del suo arrivo sulla piazza, la rivoluzione forgita, che ha portato a un forte rimescolamento delle carte nell'ambito del game design, è in atto. Non abbracciarla significherebbe forse fare un errore? Significherebbe restare indietro coi tempi? Abbracciarla in pieno significherebbe tradire chi invece si aspetta un design tradizionalista come quello della precedente edizione, e dunque perdere un certo numero di fan? Sarebbe un salto nel vuoto? Questo del "cosa fare" deve essere stato un notevole dilemma nel palazzo (io me lo immagino come un palazzo...) della Wizards of the Coast. La decisione finale è stata quella di fare un gioco dal design più focalizzato e coerente dei precedenti, mantenendo tuttavia una serie di meccaniche inviolabili e intoccabili, che avevano costituito il nocciolo dell'esperienza di gioco delle precedenti edizioni.

Ho parlato di design focalizzato: il gioco è infatti un gioco di eroi e di battaglie tattiche in un mondo fantasy. Non troverete regole per la gestione di locali a luci rosse, non troverete i prezzi del pesce, non troverete regole speciali per la navigazione in alto mare, nè regole per la seduzione. Il gioco si concentra fondamentalmente sulle avventure (belliche) compiute da un gruppo di eroi in un mondo fantasy che sembra essere (ed è!) costruito solo per supportare questo genere di trame: dietro ogni angolo si nasconde un topo mannaro, un orco, un drago, o un dio pronto ad ammazzarti.

Questa importante premessa, tuttavia, non è praticamente esplicitata nel manuale: nè nella quarta di copertina, nè sulla copertina, nè nell'introduzione trovo esplicito riferimento al fatto che sia un gioco con una focalizzazione di questo tipo. Il che è grave, ed è la prima di quelle manovre che ho citato, relative al fare un "mezzo passo in avanti". Il giocatore medio, abituato al lacunoso sistema di D&D 3.5 che, apparentemente, fa tutto e lo fa bene, non avrebbe mai comprato un sistema di gioco che non gli avrebbe preparato anche il caffè. Mossa azzardata, ma mi dico che forse dietro ci sia stato un senso (commerciale, ok, ma non si sputa sui soldi).

Il gioco prevede sostanzialmente che un giocatore, il Dungeon Master, prepari un'avventura costituita da una serie di sfide (per lo più combattimenti, ma ci sono anche le cosiddette sfide di interazione, in cui il gruppo se la vede contro elementi di vario genere utilizzando le proprie abilità) collegate l'una all'altra da una trama che può spaziare dal salvare la figlia del contadino rapita dai goblin al salvare l'intero universo dalla minaccia del serpente del mondo Mual-Tar, liberatosi dalla prigione cosmica costruita per lui dagli dèi in persona.

Gli altri giocatori saranno gli eroi: ognuno si fa il suo personaggio seguendo le regole di creazione che alla fine lo portano ad ottenere un personaggio determinato da una razza (Umano? Orco? Elfo? Mezzelfo? Minotauro? La scelta è decisamente vasta) e da una classe (si parte dal guerriero, il ranger, e il ladro, per arrivare fino a invocatori, sciamani, runisti, ardenti, monaci, e un sacco di altra roba figa). Questi due elementi, la razza e la classe, permettono l'accesso a un'infinità di opzioni di sviluppo, tra poteri, talenti, e altre cose che espandono le possibilità di combattimento. Notate: di combattimento. C'è chi si lamenta che il bardo non abbia la mossa per fare soldi suonando nelle taverne... ma grazie al cielo, il gioco è un gioco di combattimenti e non di artisti falliti che fanno gli avventurieri a tempo perso.

I combattimenti prendono vita su una griglia quadrata che simula il campo di battaglia. Questa griglia di battaglia è piuttosto spoglia se il DM non fa la sua sacrosanta parte riempiendola di elementi di gioco come terreno difficoltoso, terreni fantastici (nome orrendo, ma così si chiamano quei terreni con effetti particolari), terreni con poteri attivabili dai giocatori, terreni ostacolanti... e dato che la gente ha poca voglia di leggersi la Guida del Dungeon Master, per non parlare della Guida del Dungeon Master 2, spesso i DM questa parte non la fanno.

I combattimenti, arricchiti da una serie di meccaniche ulteriori che impongono ai personaggi la necessità di dosare con cura le loro forze tra uno scontro e l'altro, unitamente al fatto che il gruppo è organizzato come il party di un gioco di ruolo online (con difensore, assalitore, controllore e guida) ed è dunque molto affiatato, rendono ogni scontro (sempre che questo sia realizzato seguendo bene le regole espresse CHIARAMENTE sui manuali) piuttosto divertente e unico.

Quando non combatte, il gruppo è impegnato nelle cosiddette sfide di interazione, il cui funzionamento per la verità non è espresso in modo chiaro dal manuale, e le stesse avventure ufficiali le gestiscono in modo tutto loro (a cazzo, sostanzialmente). Il risultato di ciò è che se anche rappresentano un meccanismo di una certa rilevanza, ogni gruppo le gestisce in modo differente (sempre che ne ammetta l'esistenza... provate a parlarne al vostro master, e scoprirete dalla sua faccia se ha mai letto una Guida del DM).

Sostanzialmente, queste sfide di interazione prevedono che il gruppo fissi una posta, tipo "vogliamo sfuggire dalla caverna prima che crolli l'ingresso, per non dover cercare un'altra via d'uscita". Al che il DM fissa un numero minimo di successi da fare, in base alla difficoltà della cosa. Questi successi verranno fatti facendo un tiro di abilità a turno: quando uno tira dice cosa fa, come usa l'abilità che vuole usare, e se tira per cercare di fare uno dei successi o per aiutare uno dei suoi compagni (in tal caso non conterà nei fallimenti, se fallisce il tiro, ma se ha successo si limiterà a dare un +2 al tiro del successivo personaggio). Al che, seguendo l'iniziativa, si cominciano a tirare dadi. Al termine della sfida (che in caso di fallimento non puoi mai sancire la morte del gruppo, ma solo un po' di sfiga in più, tipo uno scontro extra da fare prima di arrivare in un'area sicura) si sarà creata una fiction interessante, e saranno assegnati i punti esperienza (si, danno PX. I vostri DM non ve li hanno assegnati? Indovinate cosa non hanno mai letto... Ah, dovrete ricevere anche i PX per gli scontri eventualmente evitati in questo modo. Tipo che se con un successo evitate uno scontro da 500 px, la prova vi da anche questi punti esperienza. Diteglielo, si sa mai).

Il gioco prevede un endgame, il che è una buona cosa dato che migliaia di campagne di D&D 3.5 mai terminate ancora si rivoltano nella tomba. Sostanzialmente è previsto che ogni personaggio abbia un propria "cerca del destino", vale a dire un proprio finale, da scegliere definitivamente intorno al ventesimo livello, che raggiungerà una volta arrivato al trentesimo livello (il vostro DM non vi ricorda di sceglierla? Male! Questa la troverete sul Manuale del Giocatore...). Il DM non deve preparare un'avventura assoluta come nelle precedenti edizioni, ma creare una storia che raccolga in sè tutte le cerche dei personaggi, e faccia si che tutte esse si avverino con lo scontro finale da piazzare al già citato trentesimo livello, che verrà raggiunto approssimativamente dopo un anno di gioco. È un tempo enorme, e questo è un notevole problema del gioco: mantenere compatto un gruppo di gioco, sullo stesso gioco, per tutto questo tempo, è qualcosa di difficilissimo, specialmente quando tutti nel gruppo hanno un'idea diversa su cosa aspettarsi dall'esperienza di gioco. Pochi gruppi raggiungono la maturità.

In effetti, non conosco nessuno che sia mai arrivato così avanti.

PRO:
- Il punto focale del gioco, quello dei combattimenti tattici, è stato sviscerato in ogni modo, e le possibilità di gioco in tal senso sono sostanzialmente infinite;
- Preparare scontri anche complessi è in verità molto semplice e veloce;
- Praticamente tutti i manuali sono molto ben scritti e ordinati; non ho mai avuto problemi a trovare ciò di cui avevo bisogno in mezzo a venti manuali diversi;
- Per un titolo mainstream come Dungeons & Dragons avere fatto un passo evolutivo di questo genere è notevole, e lascia ben sperare per il futuro dell'hobby.

CONTRO:
- Il gioco è spezzettato su una miriade di manuali, e "avere tutto" costa un botto. Non che sia necessariamente un cattivo investimento, intendiamoci... ma è un investimento;
- Le regole sono tante, e per quanto ben scritte è facile trovare gente che pretende di essere un intenditore del gioco pur non avendo mai letto in verità una benamata mazza (citazione: «Io della Guida del DM non ne ho bisogno perchè so già come masterare». Già.). Se si fossero usate meno pagine forse questo problema sarebbe stato un po' limitato;
- L'obiettivo del gioco, quello di gestire le avventure e le battaglie di un gruppo di eroi, non è esplicitato, e lo si intuisce solo dopo avere letto il gioco;
- La MM25 ha praticamente abbandonato la linea, ergo alcuni manuali in italiano non ci sono;
- È luuuuungo...

SINTESI:
D&D4E è un gioco grosso sotto ogni punto di vista. Ha un titolo pesante che rischia di distrarre: è un Dungeons & Dragons diverso da quelli a cui siamo stati abituati finora, e il gioco non aiuta a farlo capire. Esso si muove su questa linea a metà tra innovazione e tradizione, linea che personalmente approvo, per quanto possa ben rischiare di urtare il palato di chi vuole più innovazione, e di chi ne vuole di meno. Raggiunge in ogni caso pienamente il suo obiettivo, per cui se volete avventure a base di orchi passati a fil di spada e mondi epici da esplorare metro dopo metro, passando da una sfida all'altra, questa deve essere la vostra scelta. Occhio al portafogli, però: l'esperienza di gioco è direttamente proporzionale a quanto il vostro gruppo è disposto a spendere in manuali. E quei manuali, badate bene, sono poi da leggere. Perchè dovete fidarvi del gioco, e del modo in cui vi dice di assegnare ricompense, costruire incontri, e costruire avventure. Se non siete disposti a studiarvi con calma un gioco pesante come questo, allora D&D4E non fa per voi.

5 commenti:

  1. D'accordo pure io. Pur non andando pazzo per il gioco, riconosco senza problemi la sua maggiore focalizzazione e coerenza rispetto al passato.

    Poi, rimane il salasso dei manuali: accendere un mutuo per un set di gioco minimale non è certo la mia aspirazione... ma quello dipende dal portafogli di ognuno di noi.

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  2. Direi che è una recensione sintetica ed estremamente azzeccata. E' un po' di parte nel definire la "rivoluzione forgita", ma per il resto colpisce nel segno.

    Ho solo un'osservazione:

    "trentesimo livello, che verrà raggiunto approssimativamente dopo un anno di gioco. È un tempo enorme, e questo è un notevole problema del gioco: mantenere compatto un gruppo di gioco, sullo stesso gioco, per tutto questo tempo"

    Enorme? Caro Alex, come si vede che ai tempi "storici" non c'eri. No, non è un tempo enorme. Ho gestito e giocato campagne durate fino a 10 anni, con una media di 3-4 anni per un arco narrativo serio. Per un gruppo "all'antica" solido e motivato, un anno non è molto - anche se secondo me ce ne vogliono 3-4 per farsi 30 livelli.

    Il punto fondamentale è che una volta questo della "campagna pluriennale" era considerato l'unico modo di giocare. Oggi non lo è più. E' solo UNO dei modi di giocare, ed è bello che D&D4 supporti archi narrativi "lunghi". Saranno altri giochi ad essere adatti a tempi più brevi.

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    1. Diciamo che si, è enorme in senso relativo: tra tutti i giochi moderni usciti negli ultimi anni, D&D4E è quasi l'unico che ancora si basa su archi di questo tipo.

      Poi vabbè, è ovvio che ci passa anche un'analisi di tipo personale: come dicevo, non sono mai riuscito ad andare granchè in là con le cronache, e il trentesimo livello non l'ho mai visto, per cui per me questa necessità di "dare il meglio sul lungo periodo" è un punto debole, essendo l'endgame una sorta di chimera che in pochi mi risulta abbiano raggiunto. Se vuoi "scomporre il diffetto": l'arco narrativo eterno rende complessa l'introduzione di nuovi giocatori nel gruppo e nell'hobby stesso, e rischia col tempo di diventare un appuntamento ingombrante nella settimana: cominci a giocare a settembre e magari non hai problemi, poi a marzo (che diavolo, quasi mezzo anno) ti ritrovi a non poter giocare a sei obbligato a lasciare il gruppo, che potenzialmente potrebbe esplodere in conseguenza di questa tua capitolazione (magari perchè già i giocatori non erano tanti, e non si trovano sostituti).

      Poi per carità, vivere il gioco anche come una sorta di "odissea", che regali un'esperienza di gioco piacevole sulla lunga durata, è correttissimo, ed anzi come ben fai notare ci sono dei giochi che sono anche più infiniti (certi neanche ce l'hanno, l'endgame). Per cui: c'è a chi questo aspetto piace, e ci sono ragioni per cui non è etichettabile necessariamente come un difetto. Ma nella mia analisi, dovendo giudicare questo aspetto, ritengo che sia più un difetto che un pregio.

      Ti ringrazio per la puntualizzazione, comunque ;)

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    2. Rimuginare sul genere di gioco che poteva esserci dieci anni fa lascia il tempo che trova, detto con estrema franchezza. Per quanto ormai abbia anni sulle spalle e si stia progettando gia' la 5° edizione di D&D la 4° edizione e' pur sempre un gioco attuale, che deve tenere conto dei modelli di gioco attuali. Pur essendo apprezzabile un gioco che tenga conto di campagne lunghe e appassionanti, bisogna riconoscere che nella mia esperienza difficilmente le campagne superano l'anno di vita e pertanto e' opportuno che un gioco possa dare il meglio anche sul cosiddetto breve periodo. Se le cose "fighe" le posso vedere solo dopo un anno e passa di gioco, per me quello e' indubbiamente un difetto e concordo pertanto col recensore in merito perche' e' probabile che la maggior parte dei giocatori quelle cose non le vedra' mai a meno che non decida di partire con una campagna di medio-alto livello.


      Anyway, una recensione equilibrata (finalmente). Dopo la miriade di opinioni piu' o meno seccate sul fatto che non ci fossero piu' quella miriade di regole e regolette che personalmente non ho mai visto utilizzare ma che con l'uscita della 4° edizione tanta gente ha preso come un insulto personale e' piacevole leggere qualcuno che si sofferma sugli effettivi pro & contro di un sistema.

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