domenica 18 novembre 2012

Three Black Crows, Three Dead Men: A Gallows Tale

Nome: Three Black Crows, Three Dead Men: A Gallows Tale

Autore: Brennan Taylor

Editore: Galileo Games

Data di Pubblicazione:
2010

Prezzo: Gratis

"Una forca è piazzata presso un crocevia, e ad essa sono impiccati tre uomini morti. 
Al tramonto, tre corvi atterrano prezzo la forca.
Il vento soffia tra i cadaveri, facendoli dondolare assieme."
Questa è l'invitante introduzione, tradotta or ora dal sottoscritto, che campeggia in testa alla prima pagina del gioco di cui stiamo per parlare, quel Three Black Crows, Three Dead Men: A Gallows Tale che, per ovvi motivi di brevità, mi limiterò a chiamare Three Black Crows per il resto della recensione.

Il gioco è di Brennan Taylor, boss di Galileo Games, casa editrice fondata nel 1996 per mano dello stesso Taylor che non trovò altro modo per pubblicare il suo The Legends of Yore. Da allora Taylor ha collaborato con svariati nomi notevoli del settore dei giochi di ruolo moderni, tra cui si contano ad esempio Ralph Mazza (UniversalisBlood Red Sands), Kenneth Hite (Sulle Tracce di Cthulhu), o Fred Hicks (Non Cedere al SonnoLo Spirito del Secolo), oltre che pubblicare altri giochi suoi, quali Bulldogs!Mortal CoilKingdom of Nothing.

Un nome non da poco, dunque, quello che si cela dietro questo piccolo disastro del game design: Three Black Crows infatti parte da una premessa se non interessante quantomeno di effetto, per poi annichilirsi velocemente in un vortice di mezze regole tutte ingarbugliate tra di loro nel giro di due pagine e mezzo; tale è infatti la lunghezza del manuale.

Andiamo con ordine: la premessa del gioco è semplice ma di effetto. Ci sono tre corvi, chiamati Amarezza, Compassione e Speranza (Bitter, Pity e Hope in lingua originale) che si ritrovano a banchettare sui corpi di tre soggetti recentemente impiccati. Mentre affondano il becco nel loro fiero pasto, intanto, chiaccherano tra loro, e partendo da alcuni dettagli dei cadaveri in questione fanno delle stime su quali debbano essere stati i crimini per cui queste persone sono state giustiziate. Alla fine del gioco, i fattacci che hanno condotto i malcapitati alla forca saranno svelati.

Il gioco è per tre giocatori, e ognuno ha un corvo differente. In base al suo nome, ogni corvo vede il mondo in maniera differente: Amarezza spala merda su tutto vedendo solo bassi istinti e malvagità; Compassione, il cui cuore è mosso dalla tragedia della vita umana, fa dei commenti che vanno sempre a tirare fuori il pathos e la disperazione da cui devono essere stati mossi i tre figuri del titolo; Speranza, infine vede nobiltà in tutte le azioni dell'uomo: secondo lui i criminali hanno sempre agito con le migliori intenzioni e grossomodo hanno sempre lottato per rendere il mondo un posto migliore.

Ora: fin qua siamo alle premesse, e queste sono invitanti. Per di più non riesco a fare a meno di immaginarmi i tre uccelli come se fossero dentro ad un cortometraggio della Pixar, magari con le piume più o meno spernigate e la voce più o meno gracchiante, per diversificarli... il che rende lo scenario se possibile ancora più comico e macabro.

I problemi a cui accennavo cominciano una volta che si è superata la premessa. Riassumo ora le regole, tutte in volata, per poi commentarle di seguito.

Esse prevedono un totale di dodici turni di gioco, quattro dedicati ad ogni cadavere. Nei quattro turni dedicati al singolo cadavere, i corvi si chiederanno prima quale sia stato il crimine per cui il poveretto è stato impiccato, le motivazioni che l'hanno spinto a compierlo, i mezzi con cui l'ha perpetrato e quale sia stata l'occasione in cui l'ha commesso, per poi passare al cadavere successivo e ricominciare tutto da capo. Per dibattere di questa roba, parleranno in ordine, a partire dal narratore (il "primo giocatore", quello che apre il dibattito sul cadavere e che conduce la conversazione), che indicherà un dettaglio del corpo e ne trarrà delle conclusioni, basandosi sul carattere del corvo, come precedentemente indicato. Al che gli altri corvi, aprendo ognuno il proprio discorso con la personalissima frase rituale (tipo "Ma non essere stupido..." per Amarezza) indicheranno un altro dettaglio del cadavere che invece, secondo loro, implicherebbe tutt'altro. Dopo che tutti e tre i corvi hanno raccontato la propria teoria su come sono andati i fatti, semplicemente i giocatori tireranno un dado, prendendolo da una riserva personale che, inizialmente, conta 5 dadi: chi fa il risultato più alto mette da parte il proprio dado, assottigliando così la propria riserva: i fatti sono andati come dice lui. Il narratore confermerà, farà un riassunto della situazione, e passerà al turno successivo. Quando tutti i quattro interrogativi di un singolo cadavere sono stati affrontati, colui che ha più dadi nel pool riceve il diritto a completare la storia riappiccicando tutto quanto è emerso. Alla fine del gioco sarà eletto un vincitore, che è colui che ha raccontato più finali. Se tutti i corvi hanno raccontato un finale, tutti condividono la vittoria.

Ora: i problemi sussistono a più livelli.

Tanto per cominciare, quelle poche regole che ho riassunto in un paragrafo sono spiegate molto confusamente: certe cose, tipo che il dado del vincitore di un tiro viene tirato via dal pool, sono spiegate nei soli esempi di gioco. Altre volte le regole sono giusto accennate e neanche gli esempi di gioco riescono a dipanarne i dubbi: stando a quanto scritto, infatti, i giocatori "possono" scommettere un dado sulla loro dichiarazione, ma negli esempi di gioco i corvi scommettono sempre il dado. Che senso avrebbe poi non scommettere? Dici una cosa e poi non tiri per vedere se ci hai preso? Magari vuoi tenerti tutti i dadi così da essere il vincitore (se non scommetti dadi non vinci narrazioni, dunque non perdi dadi dal pool, quindi alla fine dovresti essere quello che narra il finale del cadavere, e se fai così per tutti e tre i corpi alla fine sei il vincitore della partita), ma questo non aiuta esattamente la partita a partorire un'esperienza di gioco degna di questo nome. Peraltro, il fatto stesso che scommettere sia facoltativo è pura astrazione: nella prima pagina pare che questa cosa sia facoltativa, mentre nella seconda pagina c'è scritto direttamente che tutti i corvi tirano un dado. Se nessuno scommette dadi deduco che ci siano da seguire le indicazioni per il pareggio; tuttavia che succede se, per tutta la partita, tutti i giocatori sono fermamente interessati a vincere e non scommettono un solo dado? Le regole per lo spareggio della narrazione del finale non ci sono. Che ci siano da seguire le medesime regole usate per lo spareggio dei tiri è, di nuovo, pura astrazione. Inoltre la possibilità che almeno un giocatore finisca i dadi del proprio pool a forza di vincere tiri è praticamente scontata: che succede se *non può* scommettere dadi? Parla comunque o semplicemente se ne sta zitto non potendo più vincere la narrazione?

Come dicevo, poi, anche una volta "date per assunte" certe regole, non è che queste facciano alcunchè per creare una trama decente. Il sistema random per decidere come sono andate le cose premia le idee peggiori al pari delle migliori, e non c'è una vera e propria connessione tra i vari elementi che i corvi tirano fuori per suffragare le loro tesi, specialmente nel primo turno dedicato ad ogni cadavere, dove si suppone quale possa essere stato il crimine che l'ha condotto alla forca: un corvo potrebbe indicare i calli che il morto porta sulle mani, suggerendo che fosse uno strangolatore di professione. Un altro corvo potrebbe smentirlo, facendo notare che la sua pelle è nera, e che il suo crimine deve essere stato quello di nascere di colore. Premesso che questa seconda idea potrebbe disgraziatamente diventare quella corretta, e che sarebbe poi un problema da portare avanti con le successive domande (per esempio sul modo in cui il morto ha perpetrato questo crimine), ciò non toglie che il primo corvo aveva ragione: ci sono dei calli sulle sue mani. Non può essere ANCHE uno strangolatore di professione? E le idee in gioco sono tre, non sono due. Potrebbe essere stato impiccato per brigantaggio, ma ancora: è nero e ha degli strani calli sulle mani, questo non significa nulla? Qualunque cosa possano implicare questi elementi, essi non saranno più nominati per il resto del gioco.

L'utilizzo delle già citate frasi rituali poi è, lapidariamente, sbagliato. È un errore che ho già trovato in altri giochi che tentano di usarle a scopo puramente estetico. In Polaris di Ben Lehman, che in effetti non so se sia il gioco che ha inventato le frasi rituali, ma certamente so essere quello che le ha rese di uso comune, le frasi rituali veicolano delle meccaniche. Usare una frase piuttosto che un'altra non deve semplicemente "evocare qualcosa", deve spingere il gioco in una certa direzione e non deve essere macchinoso. In questo gioco le frasi rituali non si legano ad alcuna meccanica, sono semplicemente frasi che i corvi mettono all'inizio della loro frase quando non sono narratori (cioè otto volte. Su dodici. Significa che più della metà delle volte che apri il becco devi dire la frase del tuo personaggio. Così, perchè magari non si era capito com'è che vede il mondo), a scopo prettamente estetico. Le frasi in questione sono "Ma non essere stupido..." per Amarezza, "Ah, e questo non ti spezza il cuore?" per Compassione, e "Ma sicuramente aveva le migliori intenzioni..." per Speranza. Anche a remixarle, spostandone la posizione nella frase o cambiandone un po' la costruzione, queste frasi, specialmente quella di Compassione, risultano essere estremamente forzate e ripetitive.

La scelta di inserire tre cadaveri poi non si sa bene in che direzione voglia andare; di fatto questo fa si che si creino tre storie, totalmente slegate l'una dall'altra, un po' come se fossero tre partite differenti dello stesso gioco. Questo segmenta il gioco e, banalmente, non serve a nulla.

Il gioco inserisce poi una meccanica di vittoria per il giocatore che ha narrato più finali. La necessità di un meccanismo del genere è un interrogativo non da poco, non tanto perchè inserisce il concetto di "vittoria" nel gioco di ruolo (cosa che ha già dimostrato di poter dare buoni risultati, ad esempio, con Fantasmi Assassini), bensì perchè questa vittoria non va proprio a parare da nessuna parte. Non si traduce in fiction, non si traduce in niente. Non si traduce nemmeno in un incentivo a rendere la trama migliore: in Fantasmi Assassini le condizioni di vittoria dicono ai giocatori "fai questo O PERDI", spingendoli a giocare nel modo corretto. Qui i giocatori al limite sono invogliati a non scommettere dadi sulle loro proposte alla narrazione, ergo queste regole all'atto pratico ROVINANO la fiction risultante dalla partita.

Il manuale infine non riporta i nomi dei playtester, il che mi mette il dubbio che il gioco non sia stato proprio testato prima di essere rilasciato.

PRO:
- Premessa macabra ed efficace;
- Gratis;
- Piume.

CONTRO:
- Le regole talvolta non sono spiegate se non negli esempi, e quando sono spiegate lo sono in modo poco chiaro;
- Le frasi rituali di cui il gioco fa uso non sono VERE frasi rituali, tant'è che non funzionano;
- In poche parole il gioco non funziona.

SINTESI:
Varie delle regole di Three Black Crows sarebbero potute andare da qualche parte, e avrebbero potuto dare ottimi frutti. Il lavoro da fare per trasformarlo in un gioco degno di questo nome non è tantissimo, ma è comunque altamente necessario. Il fatto che ci siano tre cadaveri non è necessariamente una brutta idea e può dare origine a un intreccio violento e drammatico; fossi l'autore, le condizioni di vittoria tendenzialmente le eliminerei ma, se usate con saggezza (cioè NON così come sono ora) potrebbero guidare la storia in una direzione sensata. Le possibilità per tirarne fuori qualcosa di sensato sono infinite, basta coglierle. Gli ingredienti dunque ci sono, ma sono dell'idea che l'autore dovrebbe riconsiderare profondamente la ricetta, dato che allo stato attuale delle cose il gioco è profondamente buggato e non funziona.

sabato 29 settembre 2012

Montsegur 1244



Nome: Montsegur 1244

Autori: Frederick J. Jensen

Editore: Thoughtful Games (tradotto e importato in Italia da Narrattiva)

Data di Pubblicazione:
2009 (2010 in Italia)

Prezzo: €34.90

Giunto in terra italica nel 2010 a seguito della traduzione da parte di Narrattiva e presentato al Play dello stesso anno, Montsegur 1244, quantomeno nell'immediato, ha saputo raccogliere un enorme consenso da parte dei giocatori, accompagnato da un pari favore della critica, che ha permesso al gioco di ricevere una nomination come Best of Show al Lucca Comics and Games 2010.

La nomination non venne affiancata da una vittoria del prestigioso premio in questione (prestigioso per quanto riguarda la scena italiana, quantomeno); tuttavia l'impatto del gioco sulla scena ludica nostrana ebbe una certa risonanza.

Trattandosi del primo e tuttora unico gioco tabletop appartenente alla filosofia di design nordica ad essere pubblicato da una casa editrice italiana, esso ebbe l'effetto di un fulmine a ciel sereno, mostrando uno stile di gioco curiosamente sottile, fatto di personaggi prefatti, spunti di gioco serviti su un piatto d'argento, e curiosamente libero da elementi aleatori come dadi o carte.

L'impatto di Montsegur 1244, come già detto, fu sonoro, ma l'impeto che spinse certi giocatori a organizzare addirittura una convention interamente dedicata a questo gioco (la CONsegur) si esaurì progressivamente, portando il gioco a cadere in secondo piano dopo alcuni mesi dal rilascio, venendo adombrato dalle novità che gli seguirono.

Il tema del gioco è molto focalizzato ed è storico, nel senso che si rifà a fatti realmente accaduti: nel 1244 la rocca di Montsegur, situata dalle parti dei Pirenei, lungo l'attuale confine tra Francia e Spagna, diventa uno degli ultimi bastioni di resistenza catara. I catari erano un culto che si rifaceva ad una forma arcaica di cristianesimo, considerato eretico dalla chiesa cattolica, che avviò una crociata che culminò in una sostanziale carneficina dei catari sparsi ovunque in giro per l'Europa. Per quanto riguarda Montsegur, il castello venne assediato per circa un anno, fino a che i crociati non la ebbero vinta e decisero che tutti coloro all'interno della rocca avrebbero avuto un paio di settimane per ripensare alla loro fede, dopo di che quanti si sarebbero dichiarati catari sarebbero finiti sul rogo, mentre gli altri potevano scegliere di abiurare ed essere perdonati per i loro peccati. L'evento rimane famoso perchè inaspettatamente molti si convertirono al catarismo, anche durante le fasi conclusive dell'assedio stesso, e alla fine sul rogo ci finì un bel po' di gente. Il gioco riprende questi eventi, e vuole esplorare il motivo per cui queste persone scelsero di bruciare per ciò in cui credevano.

La particolarità di Montsegur 1244 risiede in un meccanismo apparentemente fragile.

Ad ogni giocatore (è un gioco da 3 a 6 giocatori) viene assegnata una pluralità di personaggi (due, tre o quattro, in base a quanti si è attorno al tavolo). Non tutti questi saranno protagonisti, tuttavia: dal proprio gruppo di personaggi ogni giocatore ne sceglierà uno su cui concentrarsi, limitandosi a considerare gli altri come personaggi secondari, interpretandoli nelle scene altrui qualora dovessero comparirvi. Questi personaggi sono tutti stati creati a partire da gente che realmente si trovava a Montsegur in quel periodo.

Ogni personaggio è identificato da una descrizione (che ruolo occupa nella società del castello di Montsegur), da una serie di legami che lo legano agli altri personaggi (la mappa delle relazioni è piuttosto fitta e ricorda quella di una soap opera) e da tre domande, che non sono altro che spunti di gioco, possibilmente da affrontare nel corso della partita.

Il gioco è diviso in una serie di atti, che ripercorrono lo svolgimento dell'assedio dai suoi inizi fino al tragico finale; a turno, ogni giocatore chiamerà una scena ambientata in ognuno di questi atti. Quando si chiama una scena, il giocatore che la crea è libero di seguire qualcuno degli infiniti spunti che gli vengono forniti dal gioco: le già citate domande si affiancano alle carte scena (pescate a inizio scena, danno uno spunto facoltativo su un elemento scenico che si può inserire nella narrazione) e alle carte storia (ogni giocatore ha le sue e possono essere giocate per inserire elementi "limite" come il graal o la stregoneria), per non parlare della descrizione degli atti e dalle relazioni, da esplorare nel corso della partita.

Durante l'atto finale ogni giocatore dovrà scegliere il fato del proprio personaggio. Almeno uno dovrà bruciare per ciò in cui crede, gli altri eventualmente potranno scegliere di abiurare se lo vorranno, mentre massimo una persona può scappare nella notte.

Al di là di un'altra meccanica riguardante la possibilità di rubare l'autorità narrativa altrui mediante l'utilizzo delle carte scena, di fatto le regole si fermano qui.

Queste meccaniche sono da una parte estremamente leggere, e dall'altra bastano a veicolare il gioco nella direzione corretta: i continui riferimenti storici, le domande e le relazioni tra i personaggi mandano il gioco in una direzione ben chiara ed evidente, e la cosa risulta palese nel momento in cui si gioca. È facile farsi prendere dallo scetticismo, ma alla fine il gameplay è sempre soddisfacente e la fase conclusiva in cui si realizza il fato del personaggio è sempre molto toccante e sentita.

Per quanto riguarda la localizzazione italiana, al di là di alcuni problemi di formattazione relativi alla numerazione dei capitoli, il pacco è di gran pregio, e a differenza dell'edizione in lingua originale, che include il solo manuale con le regole, esso include le schede dei personaggi e tutte le carte in cartoncino, più un fighissimo tabellone di gioco in tessuto e un segnalino in legno, entrambi usati per tenere traccia dello svolgersi del gioco.

Questo lavoro artistico notevole si affianca ovviamente a un prezzo da alcuni ritenuto un po' eccessivo. Di per se in effetti pagare 35 euro per un gioco di ruolo è un po' una rottura, ma sono dell'idea che il lavoro finale valga i suoi soldi. Mi è stato fatto notare inoltre che il gioco originale costa 26$, molto meno dell'edizione italiana. Tuttavia ho controllato, e acquistare il gioco in lingua originale assicura il possesso del solo manuale con le regole, mentre tutti i materiali extra (schede dei personaggi, carte storia e carte scena...) devono essere scaricate e stampate separatamente, cosa che aumenta di parecchio il prezzo finale qualora si volesse scegliere di stampare queste componenti con la medesima qualità ritrovabile nell'edizione italiana del gioco.

Inoltre, nel manuale italiano è stata aggiunta una serie di capitoli di approfondimento storico assenti nel manuale originale.

Chiudo la recensione con un riferimento ad un'espansione del gioco, arrivata a fine 2010: essa aggiunge quattro personaggi al cast del gioco base, più nuove carte scena e carte storia. Per quanto essa stando al sito sia stata realizzata anche in collaborazione con una delle teste di Narrattiva (Claudia Cangini) e sia gratuitamente scaricabile, pare che l'editore italiano non sia intenzionato a tradurla, tant'è che non se ne fa menzione sulla pagina dedicata al prodotto, il che lascia quell'amaro in bocca tipico di un gioco abbandonato un po' a sè stesso.

PRO:
- Esperienza di gioco unica, essendo l'unico gioco nordico tabletop attualmente disponibile in lingua italiana;
- Artwork di gran pregio;
- Per chi ha interesse per l'attinenza storica di un gioco, Montsegur 1244 è notevolmente fedele nei suoi riferimenti agli avvenimenti realmente accaduti.

CONTRO:
- Il prezzo è piuttosto elevato;
- L'espansione a quanto pare non arriverà mai in Italia, e le linee abbandonate mi fanno andare in bestia;
- Non è un gioco che si gioca con particolare frequenza, e anzi rischia di essere un investimento un po' eccessivo per un gioco usato sporadicamente.

SINTESI:
Intensi riferimenti storiografici, un clima estremamente drammatico e un sistema sottile rendono Montsegur 1244 un gioco estremamente interessante che può valere il suo prezzo. Per i temi che tratta, per la linearità della backstory, per la semplicità del sistema di gioco e poichè i personaggi sono fissi è un gioco che non si presta ad essere rigiocato di continuo: probabilmente lo tirerete fuori quella volta che volete qualcosa di estremamente raffinato e avete la compagnia giusta, un po' come si fa con certe bottiglie di liquore. Buona idea, questa del liquore. Montsegur 1244 è un Porto ben invecchiato.

domenica 19 agosto 2012

Revenant



Nome: Revenant

Autori: Paul Stefko

Editore: Nothing Ventured Games (non tradotto in Italiano; attualmente disponibile solo per chi ha fatto il preorder su Kickstarter; presto disponibile sotto licenza Creative Commons)

Data di Pubblicazione:
Agosto 2012

Prezzo: Gratis (presto disponibile sotto licenza Creative Commons)

Kickstarter, ormai affermato trampolino di lancio per numerose produzioni indipendenti, sta venendo in questo periodo utilizzato sostanzialmente da cani e porci: internet si è riempito nel giro di poco tempo di gente che propone i propri progetti al pubblico, cercando finanziamenti.

Le critiche non si sono fatte attendere troppo a lungo: come altri, pur ammettendo che sia uno strumento che potrebbe essere utile un po' a tutti e che dunque potrebbe essere legittimamente utilizzato da chiunque abbia un progetto per la testa, non posso fare a meno di pensare che forse Kickstarter abbia un po' perso di vista il suo obiettivo iniziale in determinati casi. In particolare, un po' mi secca vedere che progetti che non hanno bisogno di un investimento iniziale pretendono comunque di andare su Kickstarter: questo trasforma Kickstarter in una semplice vetrina, oltre che in un modo alternativo (per quanto onesto sia) di farci su dei soldi.

Questo Revenant, ad esempio, è un gioco di 8 pagine (contando pure i materiali del gioco e i ringraziamenti), che sarà distribuito sotto licenza Creative Commons (ovvero gratis) tra qualche mese. Finanziare il progetto dava un accesso anticipato ai materiali del gioco, o ad una copia fisica dello stesso a seconda di quanto si pagava. Ma poi il gioco sarebbe uscito lo stesso. Non è che gli servissero per mandare avanti il lavoro, sono stati un puro guadagno. Intendiamoci, io difendo a spada tratta la teoria secondo cui il guadagno sia una causa pura e giusta, ma appunto, io come possibile finanziatore mi pongo delle domande, e mi chiedo se i miei soldi effettivamente servano a qualcosa.

Qui secondo me non servivano, tant'è che io non sono un finanziatore di questo gioco, a differenza dell'amico con cui l'ho giocato e che me l'ha passato così che potessi leggermi bene le regole. Tutta questa tirata non serve ad altro che a dire "Mah, su Kickstarter che ci è andato a fare?". Non riesco a vedere positivamente questo volere andare su Kickstarter a tutti i costi; rischia di far perdere di vista i reali obiettivi che ci si vuole porre come autori.

Specialmente perchè, a mio avviso, il gioco è profondamente acerbo e deve essere riveduto in tanti punti perchè cominci a funzionare per davvero.

Le premesse sono in verità interessanti: è un gioco per due giocatori che vuole creare storie in stile GhostIl Corvo: il protagonista, il Revenant del titolo, è qualcuno che muore per qualche motivo, e torna indietro come uno spettro per risolvere una qualche questione che aveva lasciato irrisolta. Potrebbe ad esempio volersi vendicare, come l'Eric Draven de Il Corvo, ma potrebbe anche essere animato da uno spirito di aiuto nei confronti dell'amata, come Sam Wheat di Ghost. Queste sono solo due possibilità: la creazione del personaggio in effetti non è malaccio, e nella partita che ho fatto è emerso un personaggio piuttosto complesso: una donna (Claire), uccisa anni prima dal marito Dawson Clarke che la picchiava e che, in un raptus, l'ha strangolata. Animata tuttora da un sentimento di amore probabilmente legato alla Sindrome di Stoccolma, lei è tornata trai viventi perchè nel frattempo il marito si è risposato, ha rimesso su famiglia (la donna già aveva due figli) e ora sta picchiando pure la nuova moglie. È solo questione di tempo prima che ammazzi pure lei.

La partita in sè non posso dire che mi sia dispiaciuta. Ne è venuto fuori un dramma estremamente complesso in cui il mio personaggio era diviso tra ciò che restava dell'amore per il suo ex-marito, l'odio per quello che le ha fatto e che sta ancora facendo ad altri, il desiderio di aiutare tutti, e la necessità di ferire qualcuno per portare avanti i suoi scopi. Alla fine sono riuscito a far si che Dawson scendesse a patti con suo padre (la causa della sua violenza repressa), dopo avere fatto volare giù dal settimo piano di un palazzo lo spacciatore che lo legava alla dipendenza della cocaina. L'ho perdonato per quanto aveva combinato (estremamente irralistico, ma la fiction ci piace così) e ho salvato la sua nuova famiglia. Ok, così è un po' riduttivo e sembra un'idiozia, ma ripeto, è stata una partita estremamente profonda e toccante, estremamente più complessa di quanto parrebbe da questi due paragrafi, e mi è piaciuta un sacco.

Tutto ciò sarebbe idilliaco se il regolamento ci fosse venuto incontro per realizzarlo. Al contrario, le regole tirano tutte da un'altra parte. Anzi, tirano ognuna da una parte diversa, e poche di loro sono veramente ben piazzate. Questa storia è stata il risultato di una certa fortuna avuta nella prima sessione, nonchè di una certa esperienza che ha permesso a me e al mio amico di dire "No, aspetta, qui bisogna fare così". È brutto da dire, ma un giocatore novizio si sarebbe evidentemente perso in questo meandro di mezze regole tutte da piegare per farle andare in una direzione se non ottimale per lo meno plausibile.

Senza scendere nel dettaglio, il gioco prevede un particolare giro tale per cui è necessario accumulare dadi che vengono poi tirati quando il personaggio fa qualcosa di "drammaticamente interessante", per vedere se ci riesce. Il che già parte male: tirare per vedere se il personaggio può fare o meno cose che, di fatto, DEVE saper fare per sua stessa definizione, è un po' bruttino. È un po' come vedere se Indiana Jones riesce ad afferrare un vaso d'oro con la sua frusta: non può "veramente" fallire. Qui invece il fantasma a quanto pare si: ha i poteri e la facoltà di fare un po' quello che gli pare per portare avanti i suoi fini, come ad esempio trasmettere pensieri positivi alle persone, eppure noi tiriamo per vedere se ci riesce. Sarebbe ad esempio stato molto più interessante vedere le conseguenze collaterali di ciò che faceva, e in tal caso il tiro avrebbe avuto un perchè.

Se si osserva la matematica dietro i dadi ci sono degli evidenti problemi: per accumulare la quantità di dadi richiesta per andare avanti è necessario mettere a contatto il personaggio con la sua passione una quantità di volte davvero inverosimile; questo contribuisce a dare spessore e approfondire il personaggio sempre di più, ma alla fine la passione del revenant viene tirata fuori tante di quelle volte che le idee cominciano veramente a scarseggiare.

I problemi non finiscono qui: i dadi vengono continuamente spesi e vanno perduti nel caso il conflitto (la cui riuscita è qualcosa di assolutamente casuale) fallisca, il che rallenta davvero troppo perchè poi bisogna fare un nuovo loop per raccattare ancora più dadi per un nuovo tiro che potrà andare male anch'esso. Sarebbe stato molto più sensato fare si che i dadi non andassero perduti in caso di fallimento, e che ci si limitasse a inserire un ostacolo, così da rendere più fluida e meno forzata la fiction.

Un'ultima specificazione: il funzionamento dei dadi è evidentemente stato ripreso da quello di The Pool, gioco del 2002 che ha fatto la storia del gioco di ruolo che però, oggi, mostra tutti gli anni che si porta su groppone. Il meccanismo in questione è stato alterato, e se possibile peggiorato dato che The Pool almeno, fatte le dovute premesse, funzionava, per gestire efficacemente l'autorità narrativa. Il meccanismo di Revenant invece funziona peggio di un meccanismo di 10 anni fa, e ciò che si può perdonare a un gioco con quell'età non lo si può lasciar passare ad un gioco uscito una settimana fa, e che pretende pure di farsi pagare 200$ su Kickstarter per uscire gratuitamente nel cyberspazio.

PRO:
- Tema molto toccante, quantomeno se si vuole giocare qualcosa di drammatico;
- La creazione del personaggio, a dispetto del resto del gioco, è piuttosto focalizzata.

CONTRO:
- Il meccanismo dei dadi è sbagliato sotto ogni punto di vista: è ridondante, non serve a determinare cose interessanti per la trama, ha evidenti falle matematiche;
- Ribadisco: non ho gradito il fatto che sia andato su Kickstarter per pura pubblicità, e più che un difetto del gioco è il concretizzarsi di una "cattiva tendenza" che si è andata affermando negli ultimi tempi;
- Non mantiene le promesse: il regolamento non aiuta a creare una trama di quel tipo, il che forse è il più grande dei difetti che può avere un gioco moderno.

SINTESI:
L'idea alla base di Revenant non è male: sarei realmente interessato a un tema di questo tipo, e ammetto che la trama che ne è uscita, pur forzando tutte le regole che abbiamo potuto, mi è piaciuta molto. Tuttavia così com'è scritto il gioco è incoerente con gli obiettivi che si propone, e ha falle matematiche che necessitano di una pesante revisione fino al nocciolo del sistema. Certi elementi, come la dichiarazione secondo cui dovrebbe essere giocabile nel giro di un'ora (a noi ha preso quattro ore e mezza, e pur ammettendo un certo dilatamento dei tempi legato al fatto di avere giocato in videoconferenza comunque c'è qualcosa che non torna), o l'assenza di una lista di playtester nei ringraziamenti, mi lasciano il fortissimo sospetto che il gioco non sia stato minimamente testato prima del rilascio, il che spiegherebbe come mai le regole sono sballate in modo così evidente: non è possibile non accorgersi di una matematica errata alla base del gioco, come di un sostanziale disaccordo tra le regole, sbagliate al punto tale da rendere Revenant un'occasione sprecata per un tema così dannatamente interessante.

lunedì 4 giugno 2012

Piledrivers & Powerbombs





Nome: Piledrivers & Powerbombs

Autori: Joe Prince

Editore: Prince of Darkness Games (non tradotto nè importato in Italia)

Data di Pubblicazione:
2007

Prezzo: 5$ il PDF, 10$ la versione cartacea

Ho avuto nelle scorse settimane occasione di rigiocare a questo gioco di Joe Prince (autore di Contenders, pubblicato in Italia per mano di Coyote Press), a due anni di distanza dalla famigerata partita della Inter Nos Con 2010. Tra l'altro, questa volta l'ho potuto giocare con le regole vere e proprie, mentre la prima volta ho idea che avessimo usato la versione incompleta, quella inviata ad un 24 hour contest.

Ricordo ben distintamente IL CAOS che si generò alla INC '10, quando lo scoprii per la prima volta assieme ai miei compagni di gioco. Mi riesce difficile rendere a parole il baccano e la caciara che si generò a pochi minuti dall'inizio della partita: ci eravamo messi apposta da parte in modo da non disturbare gli altri giocatori della convention che si stavano dedicando a giochi certamente più edificanti, e questo tuttavia questo non è bastato: fin dalla creazione dei personaggi l'ignoranza guerriera ha preso il sopravvento, e ci siamo ritrovati a ridere e a dimenarci come indemoniati, seguendo la delirante fiction prodotta dal gioco.

Come avrete intuito dall'immagine (e dal titolo, se avete un minimo di cultura in tal senso) il gioco parla di wrestling, ed è stato fino a pochi mesi fa l'unico gioco che mi risultasse trattare tale argomento.

Per quanto il sistema di gioco sia piuttosto affine al già citato Contenders, più noto, è bene specificare che in verità l'esperienza di gioco è radicalmente differente. Le tinte drammatiche di Contenders qui non trovano spazio; al loro posto troviamo invece una simulazione del wrestling che, esattamente come lo sport/intrattenimento in questione, non riesce a farsi prendere granchè sul serio, nè pretende di farlo.

Il sistema prevede che ogni giocatore crei la propria superstar, assegnandogli mediante spesa di punti una serie di valori (Popolarità, Infamia, la micidiale Testicular Fortitude, e Mad skillz) che determineranno la sua condotta al momento di confrontarsi con gli altri lottatori. Unitamente a questi valori, vanno definiti alcuni dettagli come la gimmick del personaggio, la sua musica di ingresso, la sua finisher, la sua altezza, il suo peso, ed eventualmente la sua specialità, nel caso si faccia uso di questa regola opzionale. Analogamente viene creata la sua nemesi, dopo di che si determina quale sia il tipo di connessione che origina la faida tra lui e la nemesi, faida sul cui sviluppo si concentrerà il gioco.

Come vedete P&P fa uso di una serie di termini specifici del wrestling (Gimmick, ad esempio), e pretende che i giocatori abbiano una minima conoscenza del funzionamento di questo mondo. Non si impone che i giocatori sappiano a menadito il vocabolario del wrestling, ma è evidente che il target è tra chi almeno sa indicarne i punti di riferimento. Il gioco è totalmente privo di interesse per chi non si identifica in questo scenario, mentre l'esperienza di gioco migliora mano a mano che cresce la passione per questa attività.

Il gioco si suddivide in una serie di "serate", suddivise in tre scene, per ognuno dei giocatori: pre-match, match, e post-match. Per ognuna di queste fasi un giocatore può chiamare una scena di un tipo a scelta. Nel pre-match ad esempio si può tentare di stabilire una connessione con un altro personaggio, si può portare avanti la faida con la propria nemesi, si può tentare di pestare il proprio avversario di match così da fargli cominciare il match già con dei danni, o si può proporre una scena di pura narrazione senza effetti meccanici. Il post-match è simile, ci sono solo scelte differenti che si possono fare.

Il match si divide in una serie di scambi in cui i giocatori descrivono cosa cercano di fare i loro personaggi, poi vedono chi vince lo scambio tramite un sistema di carte. C'è un minimo di bluff in questa fase: prima di scoprire le carte un giocatore può ritirarsi dallo scambio, beccandosi un danno ed evitando ulteriori conseguenze, nel caso la sua mano non lo convinca; se si riesce a bluffare bene, ad esempio, si potrebbe riuscire a convincere l'avversario a restare nello scambio, convincendolo che si ha una mano poco convincente, quando magari avete una combinazione di carte notevole.

L'esito delle varie scene di pre-match e post-match viene determinato in modo analogo, sostanzialmente.

A condire il gioco interviene il meccanismo dei Flair Points, evidente reprise delle Fan Mail di Avventure in Prima Serata: chiunque (compreso "il pubblico", vale a dire la gente esterna al gioco che sta eventualmente osservando la partita) può assegnare o tirar via dei Flair Points ai giocatori, vale a dire dei punti che la superstar potrà spendere per ottenere carte extra, o per fare delle run-in per aiutare il compagno (entrare a caso per aiutare un compagno). I Flair Points rappresentano il gradimento del pubblico e possono essere assegnati per qualsiasi cosa, da una bella descrizione a un commento idiota che non centra nulla col gioco.

L'ignoranza intrinseca di questo gioco travolge ogni singola parte del regolamento: posso confermare dopo vari tentativi che la mossa più tattica non è necessariamente la più divertente: ricordo un caso in cui anzichè chiamare una scena di allenamento che avrebbe potuto migliorare le statistiche del mio personaggio ho preferito tentare di convincere il general manager ad avere un match 3vs3 in cui io, il mio compagno di fazione, e il violentissimo commentatore Rave avremmo affrontato tre esponenti della fazione avversaria, composta da un Imam e un Muezzin collegabili all'estremismo islamico e da un naziskin. L'inserimento del commentatore in questa fase ha dato una botta tremenda al resto della partita, e sono state due ore di delirio. Non avrei ottenuto lo stesso effetto ricercando un'ottimizzazione tattica del personaggio.

Ignoranza intrinseca dunque, che riflette pienamente la furia testosteronica dell'ambiente che si vuole ricreare, e che si sposa perfettamente con il resto del gioco.

PRO:
- Per un fan del wrestling è LA FINE;
- È interessante il modo in cui le meccaniche, apparentemente semplici e in parte riprese da altri giochi (i Flair Points, per capirci) si intersechino perfettamente l'una con l'altra;
- È ignorante!

CONTRO:
- L'impaginazione è un po' amatoriale, e mi è capitato di metterci un po' a trovare qualche regola in particolare;
- L'esperienza di gioco è direttamente proporzionale al fanatismo dei giocatori per il wrestling: ci vuole il gruppo giusto o rischia di non funzionare;
- Mettersi a fare i conti tattici è deleterio, e se siete al tavolo con giocatori ossessionati da questo stile di gioco allora anche in questo caso la partita peggiora.

SINTESI:
Piledrivers & Powerbombs è un gioco di botte (simulate), sangue (finto), e sedie (rotte): per i fan del testosterone al tavolo non esiste di meglio. L'essere fan del wrestling è altamente necessario per giocare, oppure si corre il rischio di non entrare per davvero nella lunghezza d'onda del gioco. E non crediate di potere fare silenzio mentre ci giocate: lancerete urla guerriere e comincerete a spiegare le mosse facendovele l'un l'altro. Mi raccomando però: don't try this at home, che poi rischiate di farvi male.

lunedì 14 maggio 2012

Dungeons & Dragons 4ª Edizione




Nome: Dungeons & Dragons 4ª Edizione

Autori: Rob Heinsoo, Andy Collins, James Wyatt

Editore: Wizards of the Coast, importato e (per un certo periodo) tradotto in italia da MM25.

Data di Pubblicazione:
Settembre 2008

Prezzo: Si vedano i prezzi dei singoli manuali (recensiti prossimamente; si legga di seguito...)

Finora mi sono un po' astenuto dal recensire la quarta edizione di Dungeons & Dragons. Non è che non ne avessi voglia, anzi: la prima cosa che pensai di fare con questo blog fu quello di copincollarvi una per una tutte le varie recensioni dei singoli manuali che avevo scritto nei mesi precedenti per GDRItalia. Intento che come scoprirete non ho abbandonato.

Il problema di recensire D&D4E è che questo è sostanzialmente "spezzettato" su una miriade di manuali, per cui tanto per cominciare si crea una scissione tra il gioco in sè e il prodotto che vi viene venduto.

Recensire Sporchi Segreti è facile: il gioco è tutto scritto lì sopra, su quel manuale. Il gioco in quel caso non è solo un'istituzione, o qualcosa di astratto; è qualcosa che ha anche una forma concreta, è un manuale in A5 che si può prendere in mano e analizzare alla pari del gioco che contiene. Sporchi Segreti ha una forma intelligibile.

D&D invece, fin dalla sua prima edizione, no. D&D come gioco è tutto diviso su una serie di manuali, moduli, riviste per abbonati, articoli. Non posso parlare delle possibilità di gioco che trovate sul semplice Manuale del Giocatore, dato che queste vengono espanse enormemente in ogni manuale successivo; al tempo stesso non posso parlare di D&D come di un gioco che per essere giocato necessita l'acquisto di 60 manuali A4 di 160 pagine l'uno, dato che all'atto pratico i tre manuali base sono sufficienti. Eppure, di nuovo, sto recensendo l'intera esperienza di gioco se mi limito a parlare di questi tre manuali? E il gioco che era nei manuali base è lo stesso gioco che è oggi dopo la pubblicazione di importanti manuali come ad esempio la Guida del Dungeon Master 2? Come vedete, non è un problema di poco conto.

Per cui, ho deciso che farò così. Farò questa prima recensione riferendomi alla quarta edizione di Dungeons & Dragons come ad un prodotto unico, prendendo in considerazione ogni suo aspetto, e senza riferirmi alle singole pubblicazioni. Poi, prossimamente, recensirò il "gioco fisico", manuale per manuale, a partire dai primi tre manuali pubblicati nel lontano 2008, per arrivare infine alle più recenti pubblicazioni (al momento di scrivere, Heroes of the Elemental Chaos). Così saprete concretamente cosa comprate.

Dunque, si comincia.

Dungeons & Dragons 4ª Edizione nasce in uno scenario piuttosto problematico. Al momento del suo arrivo sulla piazza, la rivoluzione forgita, che ha portato a un forte rimescolamento delle carte nell'ambito del game design, è in atto. Non abbracciarla significherebbe forse fare un errore? Significherebbe restare indietro coi tempi? Abbracciarla in pieno significherebbe tradire chi invece si aspetta un design tradizionalista come quello della precedente edizione, e dunque perdere un certo numero di fan? Sarebbe un salto nel vuoto? Questo del "cosa fare" deve essere stato un notevole dilemma nel palazzo (io me lo immagino come un palazzo...) della Wizards of the Coast. La decisione finale è stata quella di fare un gioco dal design più focalizzato e coerente dei precedenti, mantenendo tuttavia una serie di meccaniche inviolabili e intoccabili, che avevano costituito il nocciolo dell'esperienza di gioco delle precedenti edizioni.

Ho parlato di design focalizzato: il gioco è infatti un gioco di eroi e di battaglie tattiche in un mondo fantasy. Non troverete regole per la gestione di locali a luci rosse, non troverete i prezzi del pesce, non troverete regole speciali per la navigazione in alto mare, nè regole per la seduzione. Il gioco si concentra fondamentalmente sulle avventure (belliche) compiute da un gruppo di eroi in un mondo fantasy che sembra essere (ed è!) costruito solo per supportare questo genere di trame: dietro ogni angolo si nasconde un topo mannaro, un orco, un drago, o un dio pronto ad ammazzarti.

Questa importante premessa, tuttavia, non è praticamente esplicitata nel manuale: nè nella quarta di copertina, nè sulla copertina, nè nell'introduzione trovo esplicito riferimento al fatto che sia un gioco con una focalizzazione di questo tipo. Il che è grave, ed è la prima di quelle manovre che ho citato, relative al fare un "mezzo passo in avanti". Il giocatore medio, abituato al lacunoso sistema di D&D 3.5 che, apparentemente, fa tutto e lo fa bene, non avrebbe mai comprato un sistema di gioco che non gli avrebbe preparato anche il caffè. Mossa azzardata, ma mi dico che forse dietro ci sia stato un senso (commerciale, ok, ma non si sputa sui soldi).

Il gioco prevede sostanzialmente che un giocatore, il Dungeon Master, prepari un'avventura costituita da una serie di sfide (per lo più combattimenti, ma ci sono anche le cosiddette sfide di interazione, in cui il gruppo se la vede contro elementi di vario genere utilizzando le proprie abilità) collegate l'una all'altra da una trama che può spaziare dal salvare la figlia del contadino rapita dai goblin al salvare l'intero universo dalla minaccia del serpente del mondo Mual-Tar, liberatosi dalla prigione cosmica costruita per lui dagli dèi in persona.

Gli altri giocatori saranno gli eroi: ognuno si fa il suo personaggio seguendo le regole di creazione che alla fine lo portano ad ottenere un personaggio determinato da una razza (Umano? Orco? Elfo? Mezzelfo? Minotauro? La scelta è decisamente vasta) e da una classe (si parte dal guerriero, il ranger, e il ladro, per arrivare fino a invocatori, sciamani, runisti, ardenti, monaci, e un sacco di altra roba figa). Questi due elementi, la razza e la classe, permettono l'accesso a un'infinità di opzioni di sviluppo, tra poteri, talenti, e altre cose che espandono le possibilità di combattimento. Notate: di combattimento. C'è chi si lamenta che il bardo non abbia la mossa per fare soldi suonando nelle taverne... ma grazie al cielo, il gioco è un gioco di combattimenti e non di artisti falliti che fanno gli avventurieri a tempo perso.

I combattimenti prendono vita su una griglia quadrata che simula il campo di battaglia. Questa griglia di battaglia è piuttosto spoglia se il DM non fa la sua sacrosanta parte riempiendola di elementi di gioco come terreno difficoltoso, terreni fantastici (nome orrendo, ma così si chiamano quei terreni con effetti particolari), terreni con poteri attivabili dai giocatori, terreni ostacolanti... e dato che la gente ha poca voglia di leggersi la Guida del Dungeon Master, per non parlare della Guida del Dungeon Master 2, spesso i DM questa parte non la fanno.

I combattimenti, arricchiti da una serie di meccaniche ulteriori che impongono ai personaggi la necessità di dosare con cura le loro forze tra uno scontro e l'altro, unitamente al fatto che il gruppo è organizzato come il party di un gioco di ruolo online (con difensore, assalitore, controllore e guida) ed è dunque molto affiatato, rendono ogni scontro (sempre che questo sia realizzato seguendo bene le regole espresse CHIARAMENTE sui manuali) piuttosto divertente e unico.

Quando non combatte, il gruppo è impegnato nelle cosiddette sfide di interazione, il cui funzionamento per la verità non è espresso in modo chiaro dal manuale, e le stesse avventure ufficiali le gestiscono in modo tutto loro (a cazzo, sostanzialmente). Il risultato di ciò è che se anche rappresentano un meccanismo di una certa rilevanza, ogni gruppo le gestisce in modo differente (sempre che ne ammetta l'esistenza... provate a parlarne al vostro master, e scoprirete dalla sua faccia se ha mai letto una Guida del DM).

Sostanzialmente, queste sfide di interazione prevedono che il gruppo fissi una posta, tipo "vogliamo sfuggire dalla caverna prima che crolli l'ingresso, per non dover cercare un'altra via d'uscita". Al che il DM fissa un numero minimo di successi da fare, in base alla difficoltà della cosa. Questi successi verranno fatti facendo un tiro di abilità a turno: quando uno tira dice cosa fa, come usa l'abilità che vuole usare, e se tira per cercare di fare uno dei successi o per aiutare uno dei suoi compagni (in tal caso non conterà nei fallimenti, se fallisce il tiro, ma se ha successo si limiterà a dare un +2 al tiro del successivo personaggio). Al che, seguendo l'iniziativa, si cominciano a tirare dadi. Al termine della sfida (che in caso di fallimento non puoi mai sancire la morte del gruppo, ma solo un po' di sfiga in più, tipo uno scontro extra da fare prima di arrivare in un'area sicura) si sarà creata una fiction interessante, e saranno assegnati i punti esperienza (si, danno PX. I vostri DM non ve li hanno assegnati? Indovinate cosa non hanno mai letto... Ah, dovrete ricevere anche i PX per gli scontri eventualmente evitati in questo modo. Tipo che se con un successo evitate uno scontro da 500 px, la prova vi da anche questi punti esperienza. Diteglielo, si sa mai).

Il gioco prevede un endgame, il che è una buona cosa dato che migliaia di campagne di D&D 3.5 mai terminate ancora si rivoltano nella tomba. Sostanzialmente è previsto che ogni personaggio abbia un propria "cerca del destino", vale a dire un proprio finale, da scegliere definitivamente intorno al ventesimo livello, che raggiungerà una volta arrivato al trentesimo livello (il vostro DM non vi ricorda di sceglierla? Male! Questa la troverete sul Manuale del Giocatore...). Il DM non deve preparare un'avventura assoluta come nelle precedenti edizioni, ma creare una storia che raccolga in sè tutte le cerche dei personaggi, e faccia si che tutte esse si avverino con lo scontro finale da piazzare al già citato trentesimo livello, che verrà raggiunto approssimativamente dopo un anno di gioco. È un tempo enorme, e questo è un notevole problema del gioco: mantenere compatto un gruppo di gioco, sullo stesso gioco, per tutto questo tempo, è qualcosa di difficilissimo, specialmente quando tutti nel gruppo hanno un'idea diversa su cosa aspettarsi dall'esperienza di gioco. Pochi gruppi raggiungono la maturità.

In effetti, non conosco nessuno che sia mai arrivato così avanti.

PRO:
- Il punto focale del gioco, quello dei combattimenti tattici, è stato sviscerato in ogni modo, e le possibilità di gioco in tal senso sono sostanzialmente infinite;
- Preparare scontri anche complessi è in verità molto semplice e veloce;
- Praticamente tutti i manuali sono molto ben scritti e ordinati; non ho mai avuto problemi a trovare ciò di cui avevo bisogno in mezzo a venti manuali diversi;
- Per un titolo mainstream come Dungeons & Dragons avere fatto un passo evolutivo di questo genere è notevole, e lascia ben sperare per il futuro dell'hobby.

CONTRO:
- Il gioco è spezzettato su una miriade di manuali, e "avere tutto" costa un botto. Non che sia necessariamente un cattivo investimento, intendiamoci... ma è un investimento;
- Le regole sono tante, e per quanto ben scritte è facile trovare gente che pretende di essere un intenditore del gioco pur non avendo mai letto in verità una benamata mazza (citazione: «Io della Guida del DM non ne ho bisogno perchè so già come masterare». Già.). Se si fossero usate meno pagine forse questo problema sarebbe stato un po' limitato;
- L'obiettivo del gioco, quello di gestire le avventure e le battaglie di un gruppo di eroi, non è esplicitato, e lo si intuisce solo dopo avere letto il gioco;
- La MM25 ha praticamente abbandonato la linea, ergo alcuni manuali in italiano non ci sono;
- È luuuuungo...

SINTESI:
D&D4E è un gioco grosso sotto ogni punto di vista. Ha un titolo pesante che rischia di distrarre: è un Dungeons & Dragons diverso da quelli a cui siamo stati abituati finora, e il gioco non aiuta a farlo capire. Esso si muove su questa linea a metà tra innovazione e tradizione, linea che personalmente approvo, per quanto possa ben rischiare di urtare il palato di chi vuole più innovazione, e di chi ne vuole di meno. Raggiunge in ogni caso pienamente il suo obiettivo, per cui se volete avventure a base di orchi passati a fil di spada e mondi epici da esplorare metro dopo metro, passando da una sfida all'altra, questa deve essere la vostra scelta. Occhio al portafogli, però: l'esperienza di gioco è direttamente proporzionale a quanto il vostro gruppo è disposto a spendere in manuali. E quei manuali, badate bene, sono poi da leggere. Perchè dovete fidarvi del gioco, e del modo in cui vi dice di assegnare ricompense, costruire incontri, e costruire avventure. Se non siete disposti a studiarvi con calma un gioco pesante come questo, allora D&D4E non fa per voi.

venerdì 30 marzo 2012

A Thousand Years Under the Sun



Nome: A Thousand Years Under the Sun

Autore: Matthijs Holter

Data di Pubblicazione: Dicembre 2011

Prezzo: Il gioco si scarica liberamente dal sito dell'autore
La settimana scorsa al Play 2012 ho avuto la possibilità di incontrare Matthijs Holter, l’autore dei già recensiti Zombie Porn e Love in the Time of Seið. Mi sono fatto autografare Zombie Porn, e pare che l’autore sia tra l’altro rimasto piuttosto colpito da questa mia richiesta. Abbastanza da farmi una foto col cellulare, a me col mio Zombie Porn autografato, tanto perché la cosa non andasse perduta.

Nell'egocentrica e vanagloriosa speranza che tale foto fosse stata pubblicata sul suo blog sono ovviamente corso su Nørwegian Style (il suo blog, appunto), scoprendo due cose. La prima è che non aveva pubblicato la foto del sottoscritto (ah, ma ogni cosa ha suo tempo). La seconda è che qualche mese fa ha pubblicato un gioco gratis di nome A Thousand Years Under the Sun.

Incuriosito dal titolo (sapete che a me questi titoli cosmici gasano un sacco), me lo sono scaricato, l’ho giocato, e ora lo recensisco.

Il gioco è particolarmente intrigante. È un gioco cosiddetto nordico: niente dadi o altra roba aleatoria. Le meccaniche prevedono l’utilizzo di carta e matita.

Fondamentalmente, i giocatori andranno progressivamente componendo un disegno, e con esso la storia del mondo di gioco.

Sul foglio iniziale si disegna inizialmente un paesaggio (“le steppe”). Si mette qualche montagna, delle foreste, rocce…

A partire da un primo giocatore poi ognuno avrà varie possibilità tra cui scegliere durante il proprio turno. Ogni giro completo di giocatori equivale a 100 anni.

Tra le possibilità a disposizione del giocatore di turno c'è quella di aggiungere un elemento al paesaggio iniziale: in tal caso lo disegna, dice di che cosa si tratta, e mette di fianco a lui una sorta di arco vitale (growth arc, in lingua originale). La quantità e il tipo di archi vitali è limitato: si differenziano in base alla loro lunghezza.

Ogni arco vitale infatti ha un certo numero di “tasselli” per la crescita e la caduta, e in cima hanno il proprio apice. Quando un giocatore vuole rimaneggiare un elemento inserito precedentemente sul disegno, deve prima controllare che l’arco glielo permetta.

Se rimangono posti disponibili sulla parte della crescita, infatti, un giocatore può osservare quell’elemento crescere; in tal caso il giocatore aggiunge anche la sua iniziale nel primo tassello disponibile sull'arcata della crescita, aggiunge o modifica qualcosa nel disegno, e parla di un personaggio che durante questo periodo è stato coinvolto in ciò che ha descritto.

Se l’arco della crescita è completato si può osservare qualcosa raggiungere il suo apice, dopo di che l’unica scelta disponibile sarà quella di vederlo declinare, e infine morire. Anche in questi casi si procederà modificando il disegno e parlando di personaggi vissuti in questo periodo storico.

Il gioco termina, come suggerisce il nome del gioco, dopo 1000 anni. Cioè dopo che ogni giocatore si è fatto 10 turni. La partita può anche finire prematuramente nel caso finiscano gli archi vitali, eventualità che può presentarsi dato che si può “tagliare” osservando morire qualcosa prima che questo raggiunga il suo apice, e dunque l’arco vitale finisce più velocemente del previsto.

Essendo il gioco tutto qui, mi è parso che sia giocabile davvero da chiunque, persino dei bambini (trai playtester ci sono, credo, moglie e figli dell'autore, per dirne una). La cosa ha determinate conseguenze: una tale libertà narrativa quasi incontrollata risulta effettivamente piacevole, ma permette di introdurre nel mondo di gioco praticamente ogni tipo di elemento. Da noi a un certo punto sono arrivati dei misteriosi visitatori dallo spazio che non c'entravano proprio nulla (tra l’altro scomparsi il turno immediatamente successivo per mano dello stesso giocatore che li aveva inseriti), mentre trai disegni di esempio presenti sul manuale vedo un meteorite. Che a dire il vero può ben avere tutto lo stile che vuole, ecco, però appunto la situazione ammetterete che può anche sfuggire di mano.

Forse la cosa è evitabile stabilendo prima dei limiti e delle convenzioni tra i giocatori. È un giochetto sfruttato fin troppo facilmente nei giochi di ruolo, ma qui credo che potrebbe avere una sua felice applicazione nell’impartire quantomeno un certo “senso creativo comune” trai giocatori. Perché magari uno si impegna nel mettere roba epica nel mondo di gioco, poi arriva uno che gli fa arrivare un’invasione di robot armati di lattine di Coca-Cola Lite che esplodono mediante un sistema a mentos. È un po' quello che si è verificato con i visitatori dallo spazio alla mia partita di martedì.

Per quanto si giochi disegnando non temete: non serve essere usciti dall'accademia di belle arti per giocare a A Thousand Years Under the Sun. Sono andato avanti per tutta la partita disegnando omini-stecco che facevano pietà, e questo non ha assolutamente impedito il normale svolgimento della partita. Vorrei comunque vedere quattro o cinque persone capaci di disegnare sul serio alle prese con questo gioco. Riprenderei tutto con una visuale dall'alto, ne farei un filmato in HD e lo velocizzerei a 10x per vedere il disegno che si compone a raffica.

Chiudo con una curiosa annotazione: non so se sia normale, ma alla partita che ho fatto si è verificato quel curioso effetto in cui i giocatori decidono di appuntarsi tutto quello che emerge. Turno per turno, secolo per secolo, ci siamo scritti su un foglio le varie sotto-trame che si creavano, con nomi e cognomi delle persone  mao a mano coinvolte, come se volessimo fare si che la visione d'insieme non andasse perduta. E pubblicheremo la cosa su un qualche forum, potete starne certi.


PRO:
- Carinissima l'idea del giocare disegnando. Non so se è la prima volta che l'idea emerge, ma di sicuro è la prima volta che mi capita di farlo;
- Per la prima volta ho davvero l'impressione che questo sia un gioco giocabile anche da dei bambini.

CONTRO:
- Bisogna auto-imporsi dei limiti per cercare di non inserire idiozie;
- Per la verità non è chiarissimo quale sia il numero ottimale di giocatori.

SINTESI:
Il sistema è semplice, si legge al volo, e bastano un foglio e qualche matita per giocare. A Thousand Years Under the Sun è figo ed è pure gratis (è sempre un buon incentivo). È uno di quei giochi che si dovrebbero trovare più spesso gratuitamente sui blog degli autori. Fortuna che Matthijs Holter di giochi gratis ne fa a manetta.

giovedì 15 marzo 2012

Il Mondo dell'Apocalisse




Nome: Il Mondo dell'Apocalisse

Autore: D. Vincent Baker

Data di Pubblicazione: Ottobre 2011

Editore: Narrattiva

Prezzo: 24.95€
NOTA: Col tempo ho cambiato opinione su questo gioco; all'epoca dovevo ancora capire bene che cosa lo rendesse così innovativo e importante per lo sviluppo dei giochi di ruolo. Parte di questa recensione la considero comunque ancora corretta, dunque non la elimino. Non ho tempo per correggerla al momento. Sappiate che non la considero più pienamente rappresentativa del mio pensiero.

Il gioco che sto per recensire, Il Mondo dell'Apocalisse, risultato del lavoro di D. Vincent Baker (già incontrato nella recensione di Murderous Ghosts), è stato oggetto di una certa attenzione nell'ultimo anno. Si è infatti portato a casa una notevole trafila di premi del tutto invidiabili, e ha spiazzato persino le giurie italiane, che gli hanno appioppato un Best of Show allo scorso Lucca Comics & Games.

Ho voluto dunque essere ben sicuro di essermene fatto un'idea corretta, prima di procedere con la recensione, dato che le mie impressioni a riguardo non sono esattamente rosee. E mi riferisco al prodotto in generale, non solo al sistema di gioco in sè, sul quale comunque avrò ben da ridire, come leggerete.

Cominciamo dal modo in cui è scritto il manuale. L'autore viene spesso criticato per il modo in cui scrive i suoi giochi, cioè "da culo". Lo ammetto, di lui ho letto poco, ma le interminabili discussioni sulle incomprensioni di Cani nella Vigna o In A Wicked Age, e i miei numerosi tentativi di capire qualcosa di Poison'd, mi bastano per giustificare questa accusa.

Il Mondo dell'Apocalisse dal punto di vista della chiarezza espositiva è infatti un disastro di rara magnitudo. L'impegnata traduzione dei ragazzi di Narrattiva non basta a colmare quelle che sono evidenti lacune di base: l'intero manuale è scritto in una forma altamente informale che vuole lasciar trasparire qualcosa del tono dell'ambientazione, ma che finisce per creare solamente un gran caos in cui il lettore non desidera altro che spiegazioni chiare sul sistema di gioco. Le mosse dell'MC (il Maestro di Cerimonie, perchè Master è troppo mainstream) sono spiegate solamente tramite esempi di fiction; i punti salienti del testo non sono rispiegati in salsa differente, quando necessario, ma sono dichiaratamente copincollati. Certe volte, tuttavia, particolari di una mossa già trattata altrove sono spiegati nei punti più improbabili del testo, laddove non verrebbe mai da cercare.

La struttura del manuale non aiuta: l'indice analitico in fondo al manuale per quanto mi riguarda non mi ha mai aiutato al momento di fare ricerche al volo durante le sessioni, dato che si riferisce alle sole mosse, mentre i capitoli sono davvero troppo male assortiti per fare riferimento al sommario, curiosamente posto a fine manuale anzichè all'inizio. Altro elemento che non aiuta è la quantità di refusi nella versione italiana, che è curiosamente notevole, alla luce della qualità media, di solito alta, delle produzioni di Narrattiva. Ad esempio, i nomi dei paragrafi nell'angolo della pagina, che dovrebbero semplificare almeno un po' la ricerca della roba nel libro, risultano sovente sballati, quando non addirittura mancanti.

Cominciamo ad avvicinarci al gioco in sè: nel regolamento non è chiaro quale sia lo scopo del gioco; non si capisce quale sia l'endgame (nb: leggendo sul forum ufficiale ho letto che l'autore conferma effettivamente l'assenza di un endgame chiaro e tondo), o dove devono andare i personaggi. L'MC "deve rendere interessante la vita dei personaggi", e lo fa interpretando e seguendo le sue mosse sulla base di principi che ne descrivono i limiti e l'autorità narrativa. Non si capisce granchè neanche "che cosa sia" il gioco.

Covenant infatti è un gioco sul crollo delle proprie certezze, La Mia Vita col Padrone è un gioco sul rapporto che lega i tipici signori oscuri ai loro infami servitori, Avventure in Prima Serata è un gioco in cui si creano storie organizzate secondo il modello narrativo di una serie tv. Il Mondo dell'Apocalisse? Non saprei dirlo. Il paragrafo "perchè giocare" dice che i personaggi sono fighi, e che sono ancora più fighi assieme, per cui si gioca per vedere cosa succede mettendoli assieme.

A posteriori, dopo averlo giocato, mi viene da dire che lo scopo del gioco sia esplorare i rapporti che legano tra di loro i PG, messi sotto la lente d’ingrandimento da una situazione stressante come quella di questo mondo postapocalittico. "Vedere cosa succede" vuol dire tutto e niente, in qualunque gioco, non solo di ruolo. Fatto sta che la quarta di copertina non aiuta a capire cosa sia il gioco, e il manuale nemmeno.

L'autorità dell'MC poi è davvero troppa. Questa è veicolata attraverso i suoi principi; ergo il master non può dire cose come "cade un masso e morite tutti", ma questo non toglie che sulle sue spalle penda tutto, dall'interpretazione delle sue e altrui mosse, al valutare di volta in volta se queste sono o meno utilizzabili, fino alla costruzione, di fatto, dell'intero intreccio.

Non tutto è merda ciò che puzza, comunque: qualcosa di buono nel gioco c'è. Anche perchè ironicamente Il Mondo dell'Apocalisse risulta divertente, specialmente dal punto di vista dei giocatori, ignari o quantomeno dimentichi di quanto sia artificioso il processo della partita.

Il processo di creazione è molto interessante: i tipi di personaggi, tra cui i giocatori si ritrovano a scegliere come per le vecchie classi di Dungeons & Dragons, sono distinti non tanto dalle possibilità pratiche di questi, bensì dalle loro possibilità narrative. In D&D, per dire, il mago, il ladro e il guerriero sono alla fine tutti avventurieri. Hanno capacità differenti, ma all'atto pratico al momento di doverli giocare sono tutti uguali: uccidono, rubano, lootano i cadaveri e le tombe che trovano in giro.

Ne Il Mondo dell'Apocalisse invece ogni personaggio è diverso per il suo modo di interagire con il mondo. C'è quello che spara, quello che esplora gli altri personaggi curandoli, c'è quello che porta speranza, c'è quello che si relaziona nascondendo il suo volto dietro una maschera. Ce ne sono tanti, di personaggi possibili, e periodicamente ne escono pure di nuovi, per non parlare di quelli non ufficiali. Ed effettivamente sono tutti quanti fighi come spergiura il manuale.

Per la creazione, semplicemente si sceglie un tipo di personaggio e si compila la sua scheda seguendo le indicazioni su questa riportate. Compilando le schede si compiranno fin da subito delle scelte che riguardano i rapporti con gli altri personaggi e il loro background (tutti si conoscono fin dall’inizio), e la questione delle relazioni appare avere un certo peso, senonchè tutta questa tiritera si riconduce tutta ad un singolo valore sulla scheda, indicante quanto si conosce bene un altro personaggio.  Ovvio, questo valore va interpretato, ma ciò non toglie che dal punto di vista meccanico questo valore mi appaia piuttosto semplicistico, o quantomeno troppo semplicistico perché possa essere considerato un punto focale del gioco.

Relativamente ai tiri di dado: si tira quando i personaggi agiscono verso altri personaggi (tra di loro, o anche tra PNG), o comunque quando si trovano in situazioni tese. Ogni tiro è un tiro di 2d6, a cui si somma la caratteristica relativa per la mossa. Un risultato di 7-9 è un successo intermedio; un risultato di 10+ è un ottimo successo; sotto al 7 sono tutti fallimenti.

In base alla bontà del risultato si aprono una serie di possibilità per il giocatore, di solito sotto forma di scelte da compiere. Se c'è un fallimento allora l'MC utilizza una delle sue mosse, che di solito mettono nella merda i personaggi. L’interpretazione di tutte queste mosse, come già detto, ricade totalmente sotto l’autorità dell’MC, dato che il manuale è avaro di particolari.

Il gioco, stando all’autore, dovrebbe essere fatto per assorbire facilmente la mancanza di un giocatore. Errore: raramente ho visto giochi incartarsi in modo più brutale in caso di assenza di un giocatore: i fronti (gruppi di minacce alla base delle sessioni, in pratica) sono costruiti sui personaggi dei giocatori, e se uno di questi viene a mancare sono cavoli amari, specialmente quando il gruppo è particolarmente unito e comincia a rendersi complicato spiegare senza problemi l’assenza di un personaggio.

La quantità di punti oscuri è infine tale che, dalla sua uscita, il forum ufficiale di Narrattiva si è riempito di una discussione dietro l’altra dove giocatori chiedevano e davano delucidazioni. Tra queste discussioni più volte ho avuto l’impressione che prevalessero varie “scuole di pensiero”, e dunque di altrettante maniere di interpretare le regole di volta in volta, ed è emerso in modo evidente come per risolvere determinati dubbi tocchi talvolta chiedere direttamente all’autore, fortunatamente facilmente rintracciabile su forum stranieri e social network vari.

Alla luce di tutta questa confusione non riesco proprio a pensare come si possa giocare Il Mondo dell’Apocalisse senza passare a chiedere informazioni su Gente che Gioca o forum affini. Dubito che gruppi isolati e distaccati dalle community abbiano la minima possibilità di interpretare correttamente il regolamento, e godersi una partita fatta come Dio comanda. Perché una volta che il gioco bene o male viene capito, il meccanismo si avvia e l’esperienza di gioco non è assolutamente terribile, per quanto alcuni problemi di base rimangano.

PRO:
- Personaggi fighi, effettivamente;
- Ambientazione intrigante, anche se pure quella la interpreta l'MC;
- Elementi come la mossa per quando si scopa e tutte quelle tette sparse nel manuale rendono facile il raccontarsi porcate. Troppo facile, direi. Fan-service a go-go. Quasi non è neanche un pro: a un certo punto diventa quasi imbarazzante...

CONTRO:
- Non ci si capisce un cazzo;
- I refusi sono parecchi e non di poco conto;
- Se devi trovare cose nel manuale durante la sessione ti conviene abbandonare ogni speranza;
- L'autorità narrativa è evidentemente quasi tutta in mano al MC;
- Lo scopo del gioco, l'oggetto della partita, il punto di arrivo dei personaggi sono totalmente ignoti.

SINTESI:
Sarebbe anche un bel gioco se solo si potesse capire come giocarlo leggendone il regolamento. I paragrafi male assortiti, il linguaggio troppo informale e gergale, refusi di vario genere e problemi vari affliggono un manuale che dimentica ogni pretesa di chiarezza. Tra il leggerlo e il giocarlo c'è una distanza abissale, e l'esperienza di gioco migliora solo con il passare delle sessioni: errore dopo errore si fa esperienza, e la qualità delle partite cresce. Per quanto alla fine sia divertente, si sarà intuito che non reputo questo gioco all'altezza dei premi che gli sono stati attribuiti.

lunedì 2 gennaio 2012

Murderous Ghosts




Nome: Murderous Ghosts

Autori: D. Vincent Baker

Data di Pubblicazione: Novembre 2011 (in Italia da Marzo 2012)

Editore: Trauma Games (pubblicato per l'Italia da Narrattiva)

Prezzo: PDF a 5$, preorder della versione cartacea a 10$, in vendita tramite l'un-store, 9,90€ la versione in italiano.
Sono recentemente entrato in possesso di questa chicca del buon Vincent Baker grazie al Random Kindness Encounter Bundle, un bundle di giochi avente lo scopo di tirare su dei soldi che sarebbero poi stati utilizzati per pagare la radioterapia ad una donna che si era scoperta piena di tumori.

La raccolta di fondi, come già nel caso del Sight for Sore Eyes Bundle (un caso molto simile, stavolta per curare una malattia agli occhi), è andata a buon fine. E ora non resta che godersi tutti questi bei giochi che mi sono arrivati per posta elettronica.

Trai giochi in questione figura appunto Murderous Ghost, la più recente fatica di D. Vincent Baker, già autore, tra gli altri, di Cani nella VignaIl Mondo dell'Apocalisse, entrambi editi in Italia da Narrattiva.

Murderous Ghost è un gioco per due soli giocatori, che promette di durare trai 30 e i 60 minuti. Lo scopo del gioco è di creare una storia di fantasmi, in cui un esploratore urbano si ritrova a cercare di scappare dai basamenti sotterranei di una fabbrica abbandonata. Questi basamenti sono infestati da fantasmi, che si trovano lì in seguito ad una qualche forma di efferata violenza commessa tempo fa. Non sono semplici fantasmi, sono appunto i fantasmi omicidi del titolo, dunque fantasmi incazzati neri e che tramutano la loro disperazione in violenza.

Come clima e atmosfere ci si trova sulla lunghezza d'onda di film come Allucinazione Perversa e di giochi come Silent Hill.

Il gioco non necessita di alcuna preparazione. Ognuno dei due giocatori riceve il proprio libretto. Uno ha il libretto dell'MC (Maestro di Cerimonie), l'altro ha il libretto dell'altro giocatore (si, si chiama proprio così, "l'altro giocatore"). Questi due libretti sono organizzati come se fossero due libri-gioco, vale a dire che sono divisi in paragrafetti numerati da 1 a 51. Il libretto dell'MC però contiene tutti i paragrafi dispari, quello dell'altro giocatore contiene i numeri pari.

I paragrafetti contengono sostanzialmente le indicazioni che quel giocatore, in quel frangente, deve seguire. Ad esempio un paragrafo del libretto dell'MC dirà a quest'ultimo di far apparire un fantasma. Per cui l'MC ne descrive le caratteristiche e l'atteggiamento, seguendo attentamente quello che il paragrafo descrive. A un certo punto il paragrafo dirà di mandare l'altro giocatore ad un particolare paragrafo del suo libretto, che conterrà le istruzioni da seguire nel confrontarsi con il suddetto fantasma. Da qui verrà rimandato ad altri paragrafi, che rimanderanno l'MC ad altri paragrafi, ecc. ecc.

A regolare l'aleatorietà del gioco interviene un mazzo di carte, da cui entrambi i giocatori progressivamente pescheranno le loro carte.

Dalla parte dell'MC è facile: ogni volta che l'altro giocatore finisce in una nuova stanza, o comunque procede verso l'uscita, l'MC estrae una nuova carta, e la mette davanti a sè, coperta, e senza guardarla. Mano a mano si andrà componendo la sua mano, che servirà a determinare quanto l'altro giocatore è vicino all'uscita dei sotterranei. Nel momento in cui viene pescata la quarta carta, infatti, la mano viene rivelata, e il numero di semi indica a che punto è il giocatore nella sua disavventura. Se sono tutte carte dello stesso seme si è perso e non uscirà mai vivo da lì sotto, se ci sono due o tre semi potrebbe ancora farcela e il gioco procede, se ce ne sono quattro ha trovato l'uscita.

Per quanto riguarda l'altro giocatore, egli estrarrà carte ogni volta che il suo libretto glielo dice. Solitamente si tratterà di tentativi di sfuggire o comunque confrontarsi con i fantasmi che incrocerà lungo il suo cammino. Le carte che estrae finiscono, in questo caso, scoperte davanti a lui, formando la sua mano. Ogni volta che estrae una carta, la pone nella sua mano e fa la somma dei numeri. Se questa è inferiore a 6 o superiore a 20, è un fallimento, e scarta tutta la mano di carte. Se la somma è compresa tra 6 e 12 è un successo intermedio, se è tra 13 e 20 è un successo pieno. Le meccaniche per successi e fallimenti sono direttamente riprese dalle mosse de Il Mondo dell'Apocalisse, dove in base all'esito del confronto il giocatore dovrà effettuare delle scelte tra le opzioni proposte dal libretto, opzioni che saranno logicamente più o meno sconvenienti in base all'esito del confronto.

La durata delle partite è effettivamente breve, per quanto ci sia una certa variabilità. Nella mia esperienza la prima partita è durata una decina di minuti, con il giocatore morto al primo fantasma incontrato, mentre la seconda partita effettuata oggi con più calma è durata sui 40 minuti, e direi anche un po' di più (purtroppo ho dimenticato di controllare l'ora di inizio), con il giocatore ugualmente morto, stavolta al terzo fantasma, non troppo lontano dalla fine delle sue disavventure.

La mortalità del giocatore in effetti ho notato che è piuttosto elevata. Più che altro perchè se si fa diventare violento un fantasma il giocatore deve estrarre la carta per un confronto, e se fallisce il confronto allora è morto.

La rigiocabilità del gioco credo sia piuttosto buona. Per la sua brevità, anzi, a capodanno mi è capitato di farci due partite una dietro l'altra (la seconda è stata purtroppo interrotta in favore di una partita a Lupus in Tabula. Peccato perchè stava venendo fuori qualcosa di carino, e stavo sperimentato il lato del giocatore).

Torna poi comodo per fare interessare la gente al mondo dei giochi di ruolo: «Beh, vedi, ho qui un gioco che si gioca in due e finisce nel giro di un quarto d'ora, faccio prima a fartelo provare che a spiegartelo...».

Infine, udite udite, Vincent Baker sembra che sia riuscito finalmente a scrivere un gioco comprensibile alla prima lettura. Non è scaduto in pesanti ripetizioni come ne Il Mondo dell'Apocalisse, e non ha usato troppi termini inventati come ha fatto in Poison'd.

PRO:
- Mantiene le sue promesse riguardo alla velocità di apprendimento, spiegazione, e gioco, il che lo rende perfetto per spiegare al volo che cosa sia un gioco di ruolo;
- Direi che questa meccanica del libro-gioco, per quanto mi riguarda, vince il premio "meccanica più innovativa del 2011".

CONTRO:
- La fortissima aleatorietà, causa di una tanto repentina morte del giocatore, a me personalmente è parsa un po' antipatica. Probabilmente spinge a rigiocarci, e alza il livello della tensione, ma nelle due partite che ho fatto mi ha lasciato un certo amaro in bocca.

SINTESI:
Il gioco per quanto mi riguarda è di quelli "comodi da tenere in libreria". Probabilmente non mi capiterà mai di organizzarmi con un altro apposta per giocare a Murderous Ghost, però magari capita di essere in due e volerci fare una partita. Potrebbe anche capitare di avere bisogno di un tappabuchi per una mezzoretta. Potrebbe infine capitare di avere bisogno di un esempio pratico per spiegare rapidamente che cosa sia un gioco di ruolo. Oppure alle convention, tra una partita e l'altro si presta come riempitivo. Si, insomma, è sempre meglio avercelo dietro, Murderous Ghost, che non si sa mai.

AGGIORNAMENTO:
Il gioco è stato pubblicato in italiano da Narrattiva al Play 2012. Il titolo in italiano è Fantasmi Assassini.